[Architettura]
I giardini più belli di New York
Un nuovo libro sugli spazi verdi meno conosciuti della città
Hera Büyüktaşciyan Gravity of Elevation, 2017 Site-specific installation with iron welded balcony, fabric, electric fan Courtesy of the artist Photo by Paris Tavitian
Larry Achiampong Untitled, 2017 audio-based installation, 34’ 18” Courtesy of the artist Photo by Paris Tavitian
Lloyd Corporation Mobile City, 2017 Truck, Metal Construction, Vinyl banners Courtesy of the artists and Carlos/Ishikawa Photo by Paris Tavitian
Meriç Algün Promotion Europe, 2016 Installation with 60 EU promotional items and 60 yellow plexiglass pedestals. Courtesy of the artist and Galerie Nordenhake Photo by Paris Tavitian
Persefoni Myrtsou & Eva Giannakopoulou The Brides of Maltepe / 2nd episode, 2017 (ongoing since 2015) Video, 16’ 17” Courtesy of the artists Photo by Paris Tavitian
Lara Ögel houses were rooms, i had forgotten (variation II), 2017 Site-specific installation with closet doors, wooden panels, ceramics, gemstones, grass, metal Courtesy of the artist Photo by Paris Tavitian
KERNEL Water Sleeps, 2016 - 2017 Rubber waste material (copper packaging), metal grids, sound installation (4-channel, amplifier and speakers), coppered-electroplated metal elements Courtesy of the artists Photo by Paris Tavitian
Maria Papadimitriou Travail au noir, 2017 Site-specific installation with textile, sewing machines, furniture, sound installation Courtesy of the artist Photo by Paris Tavitian
Jeremy Hutchison Movables, 2017 Series of 500 x 700 cm billboard prints on PVC Courtesy of the artist Photo by Paris Tavitian
La Fondazione Prada ha un certo fiuto per la periferia, e forse ne è anche piuttosto affascinata: dopo la scelta di aprire la sede milanese nel quartiere Vigentino (quartiere operaio, poi multietnico, ora in piena rinascita), arriva la mostra site specific ad Exarcheia, il quartiere “anarchico” di Atene nato negli anni Settanta con l’inaugurazione del Politecnico, fulcro delle proteste scoppiate in Grecia negli ultimi anni e quartier generale di studenti, intellettuali e politici. Un “quartiere isola” fatto di piccole stradine, dove nascono collettivi, gruppi universitari e movimenti di protesta, ma anche iniziative sociali come l’Hotel City Plaza, albergo abbandonato trasformato in rifugio per persone provenienti da Syria, Iraq, Pakistan, Iran e Afghanistan, con tanto di sito web per sostenere il progetto e pagare una stanza ai rifugiati.
Dopotutto, quale contesto migliore per una mostra di street art se non un posto in cui i graffiti ricoprono quasi ogni centimetro di muro, raccontando il clima e lo spirito di questo quartiere segreto di Atene? Ma la mostra “Driftwood, or how we surfaced through currents”, concepita dalla curatrice belga Evelyn Simons (1989) con il supporto della project coordinator Ilektra Kalaitzaki (uno dei tre progetti vincitori ex-aequo di “Curate Award”, un concorso internazionale promosso dalla Fondazione Prada e da Qatar Museums per valorizzare nuovi talenti nell’ambito della pratica curatoriale e l’apertura di prospettive inedite nella concezione di eventi espositivi) si lega a Exarcheia anche nella scelta delle tematiche: il movimento dei popoli, la circolazione dei capitali e le modalità in cui questi flussi costanti sono organizzati, sistematizzati, controllati e contestati.
11 artisti si rapportano a questi temi intervenendo nelle strade del quartiere, negli spazi di un caffé tradizionale, di un garage, di cartelloni pubblicitari e di negozi vuoti, e usando la pubblicità e il marketing come strumenti capaci di mascherare lo sfruttamento messo in atto dai processi di produzione globalizzati, l’etica del lavoro, la nozione di casa come costruzione personale o collettiva, i limiti strutturali del movimento e del pensiero umani, l’identità culturale imposta o autodeterminata e le pratiche legate alla costruzione comunitaria.
Spiega Simons: “Oggi apparentemente siamo parte di un sistema caratterizzato dalla disparità tra la spinta alla circolazione senza freni di capitali, beni di consumo, risorse ed altre forze materiali da un lato, e dall’altro dalla presenza di barriere e restrizioni imposte alla circolazione delle persone. Ci si trova pertanto privati di un diritto fondamentale, il poter rivendicare l’appartenenza al destino intrapreso dalla nostra società. Oltre a questo, le politiche supponenti con cui controlliamo e distribuiamo i diritti degli altri, ci porta a riconsiderare questioni come la generosità e la solidarietà. A chi, o meglio, a cosa garantiamo le libertà che reclamiamo per noi stessi?”.
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