EDIFICIO MONUMENTALE CON CUPOLA, 1911-12.

Antonio Sant’Elia non ha costruito molto, ma la storia lo considera comunque una figura che ha lasciato il segno nella storia dell’architettura.

Lasciare il segno, quasi letteralmente; sì perché quelli che ha abbiamo in eredità da Sant'Elia sono disegni incredibili, visionari, studi di città che hanno influenzato il pensiero di alcuni stili architettonici industriali ed ispirato, non solo architetti e designer come Le Corbusier e la sua città ideale, funzionale ed organizzata, ma anche registi e scenografi.

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Foto Hulton Archive/Getty Images

Da sinistra a destra: Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Antonio Sant'Elia e Mario Sironi soldati nell'esercito italiano durante la prima guerra mondiale.

Basti pensare a Metropolis di Fritz Lang, capolavoro cinematografico del 1927 ambientato in un futuro distopico nel quale le divisioni di classe vengono rispecchiate dalla struttura della città, con grattacieli sfavillanti in alzato dove abitano i ricchi e un sottosuolo buio e polveroso, dove alienati vivono gli operai.

Le città della fantascienza, da Blade Runner, al Quinto Elemento, a Brazil e Immortal Ad Vitam, hanno sempre strizzato gli occhi alle forme, ai materiali, a quella frenesia emanata dall’elettricità di cui si alimentano le metropoli dell'architetto Sant’Elia

Di breve durata, la vita di Antonio Sant'Elia inizia a Como nel 1888, dove consegue il diploma di capomastro edile nel 1905 che gli permette di lavorare per le opere di completamento del Canale Villoresi. In occasione della sua esperienza lavorativa a Milano viene a contatto con i problemi della crescita della metropoli e conosce le innovazioni tecnologiche ed igieniche promosse dall'amministrazione milanese. Forse da qui inizia la sua speculazione sulla città del futuro. Segue i corsi dell'Accademia di Brera e nel 1912 si laurea in architettura a Bologna.

Le due sole opere di Antonio Sant'Elia realizzate furono la villa Elisi a San Maurizio sopra Como e il monumento ai caduti realizzato sempre a Como, sulla base di un suo disegno del 1914, da G. e A. Terragni (1931-33).

Villa Elisi, progettata nel 1912 in collaborazione con lo scultore e amico Girolamo Fontana era un rustico con timpano affrescato in stile klimtiano, dal quale emergeva una evidente influenza della Secessione Viennese. Sant’Elia indicherà sempre Otto Wagner come uno dei suoi maestri e sua fonte di ispirazione, ma nel 1913 lasciandosi alle spalle quel movimento e passando per Nuove Tendenze, partorì le sue visioni della Città nuova.

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La stazione dei treni e degli aerei della città nuova, 1913.

Una notevole quantità di disegni negli anni 1913-14 riproduce ville, torri, ponti, fari, officine, stazioni, che danno corpo a quella che fu l’ideale concezione della città e che gli valsero il titolo di esponente dell’architettura futurista.

Nel Manifesto Architettura Futurista del 1914 espresse utopie, ma anche idee concrete, che hanno cambiato il modo di concepire gli edifici. A lui è attribuita per esempio l’idea di posizionare gli ascensori all’esterno, togliendoli dalle trombe delle scale: “Gli ascensori non debbono rincantucciarsi come vermi solitari nei vani delle scale; ma le scale, divenute inutili, devono essere abolite e gli ascensori devono inerpicarsi, come serpenti di ferro e di vetro, lungo le facciate.

La casa di cemento, di vetro, di ferro senza pittura e senza scultura, ricca soltanto della bellezza congenita alle sue linee e ai suoi rilievi, straordinariamente brutta nella sua meccanica semplicità, alta e larga quanto più è necessario, e non quanto è prescritto dalla legge municipale, deve sorgere sull'orlo di un abisso tumultuante: la strada, la quale non si stenderà più come un soppedaneo al livello delle portinerie, ma si sprofonderà nella terra per parecchi piani, che accoglieranno il traffico metropolitano e saranno congiunti, per i transiti necessari, da passerelle metalliche e da velocissimi tapis roulants”.

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Progetto per la stazione di Milano, 1914.

Morto troppo presto per poter vedere quello che aveva progettato o avere almeno un assaggio di quella che avrebbe potuto essere la città del futuro, non ebbe fortuna neppure con il design. La sua collezione di stoviglie progettate per il designer e argentiere Arrigo Finzi dal 1914 al 1916 videro un po’ di successo solo nel 1933 con il deposito del marchio "Sant'Elia".

Posate, vasi, servizi da caffè in argento, di gusto tuttavia decò, assai diversi da quelli liberty disegnati dall'architetto comasco, furono ben accolti dagli acquirenti, ricevendo apprezzamento anche da parte di Giò Ponti.

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Centrotavola in argento martellato con fiori in metallo placcato ramato stilizzato, firmato da Sant'Elia.

Una delle ultime mostre a celebrarlo, in occasione del centenario della sua morte nel 2016, alla Triennale di Milano, ha fatto il punto non solo sulle vicende del suo tempo, ma soprattutto sulle ragioni del suo successo imperituro ed internazionale, i cui più evidenti segnali si colgono negli skyline delle metropoli contemporanee fatte di grattacieli di vetro e d’acciaio, o nei concept di città galleggianti sulle acque o, al contrario, sospese al limite del cielo.

Antonio Sant’Elia. Il futuro delle città, si è conclusa con il monumento “Il piccolo Sant’Elia” un'installazione totem di Alessandro Mendini, che rende omaggio al maestro comasco e al contempo all’eterno futurismo che è in ognuno di noi.

In apertura: Edificio monumentale con cupola, 1911-12. Foto DEA PICTURE LIBRARY/De Agostini/Getty Images