La Design Academy di Eindhoven sbalordisce anche quest'anno alla Milano Design Week 2018 con un progetto espositivo capillare tra le vie di uno dei quartieri più controversi della città.

Via Pietro Crespi e via Luigi Varanini congiungono via delle Termopili a piazzale Morbegno, attraversando viale Monza e costeggiando il Mercato Comunale. È questo lo snodo centrale della zona emergente denominata dallo studio LaTigre NoLo (North of Loreto, alla maniera newyorkese), che già da un paio d'anni è sulle bocche di molti sia per l'entusiasmo della ritrovata vitalità del quartiere e delle attività commerciali indipendenti, sia per il pericolo di gentrificazione che è in agguato dietro l'angolo.

La periferia nord della città trasformata dal design del FuoriSalone 2018pinterest
Luca Privitera

Qui però la Design Academy non si impone con la presunzione intellettuale di riqualificazione, ma al contrario accoglie e fa suo il sentimento e la voglia di condivisione degli abitanti di quest'area.

L'headquarter dell'esposizione trova casa alla ex-Osteria Crespi, una milanesissima enoteca con cucina, in passato punto di riferimento e di ritrovo per molti. L'Osteria aveva chiuso però i battenti nell'agosto di tre anni fa e da allora le saracinesche non si erano più rialzate, nonostante l'immobile messo in vendita stia ancora cercando un acquirente.

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Qui si trova il progetto del Basic Income Cafè, reception, caffetteria e spazio adibito ai seminari e ai talk dell'avanguardistica accademia olandese. Il tema dichiarato sin da questa prima tappa è Not For Sale – un po' quello che vorremmo fosse stato il destino dell'Osteria – uno statement del design contemporaneo e ben esemplificato dal progetto di laurea portato da Martina Huynh.

La designer indaga attraverso un'installazione complessa in un luogo tuttavia familiare, come sarebbe oggi la società senza l'attuale sistema economico e così, in un contesto in cui il pubblico sa bene come comportarsi normalmente, finisce per discorrere di grandi questioni.

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L'esperienza di ricevere un caffè gratuitamente, senza dare qualcosa in cambio, è sia un progetto di experience design sia un esperimento sociale, nel quale il ruolo reale del progetto, di facilitare ovvero la comunicazione e rendere tangibile il concept dietro il Basic Income Cafè, è inizialmente nascosto dalle forme trasparenti e sovradimensionate della classica Moka realizzate in plexiglass, fungendo da distributore.

La prima tazza di caffè che fuoriesce da uno dei sei piccoli tubicini attorno al tavolo che ospita la rivisitazione della celebre Bialetti, è gratuita, mentre per quelle successive bisogna rimboccarsi le maniche e macinare qualche chicco. Dopo, si viene invitati a sciacquare la propria tazza per l'avventore successivo.

“In un ipotetico futuro Basic Income – spiega Martina – non si potrà semplicemente comprare tutto quello che si vuole in base alla disponibilità del proprio capitale. Se nessuno macina allora nessuno avrà più caffè gratis. In questo modo, non sembra che il caffè magicamente caschi dal cielo, ma è evidente di come sia il risultato del precedente lavoro delle persone per altre persone”.

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Similarmente il tema viene indagato dallo Studio Arvid & Marie, che all'interno del Mercato Coperto di viale Monza ha installato una macchina intitolata SAM. La Symbiotic Autonomous Machine è programmata per servire drink a pagamento, il kombucha, e non è solamente un tecnicismo fine a sé stesso: il robot è reale, lavora e guadagna dei soldi.

Se non ne guadagna a sufficienza SAM potrebbe morire (o spegnersi) per mancanza di fondi per la bolletta elettrica e le sue difficoltà sono reali proprio come quelle di un comune barista.

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Nello stesso luogo poi, una scalinata in moquette nera, così come la potremmo trovare in un cinema o in un teatro, conduce ad un ballatoio dal quale ammirare come l'architettura del mercato è effettivamente. Infatti, il grande edificio a botte dei primi del Novecento, è al suo interno piccolo a causa degli interni abbassati da discutibili controsoffittature che ospitano gli impianti.

Grazie a questa installazione si può invece ammirare la grande facciata vetrata che prende luce dal viale, grazie a una prospettiva degna di molte location di archeologia industriale dalla quale la monumentalità esterna del mercato prende finalmente forma anche al suo interno.

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Da questo belvedere ricavato nel soffitto si ha un punto privilegiato su quello che sembra un gigantesco soppalco e dal lato opposto della propria posizione si può ammirare in lontananza il progetto Monade Capsule di Alice Bleton.

Questa capsula semitrasparente in vetro resina ospita una cucina offrendo una nuova prospettiva sulla realtà quotidiana, grazie al design incentrato sulle tecniche delle costruzioni di sopravvivenza: un rifugio urbano che può essere aggiunto agli edifici divenendo contemporaneamente un osservatorio e un luogo di evasione.

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Ma la Design Academy di Eindhoven non ha colonizzato solo queste due icone senza tempo del quartiere. Rimanendo su via Pietro Crespi, una lavanderia a gettoni diventa il display per un progetto di calzature che aiutano a comunicare il modo in cui ci sentiamo grazie a una possibilità numerosissima di varianti e assemblaggi.

E il pastificio attiguo diventa la vetrina esterna per la collezione di sgabelli Paperthin creati a mano da Lauren Leerdam a partire da lattine di alluminio, portando l'attenzione sul valore del riciclo in termini materici: “se non ci fosse il consumismo di massa, allora anche questi sgabelli non potrebbero esistere” – dichiara il designer.

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Attraversando viale Monza si prosegue nel percorso attraverso i luoghi che l'esposizione Not For Sale ha colonizzato. Al NoLoSo bar, una delle più fresche realtà della zona, il duo Studio Arvid & Marie sceglie di insediarsi con un'installazione di tipo performativo, The Last Job On Earth, che anticipa il momento nel quale umani e macchine convergeranno.

All'Anaesthesia Club, al civico 2, Donghwan Kam trova il perfetto spot per il suo progetto After-Photography, uno strumento col quale far riflettere sull'emergenza migrazione in una modalità insolita.

In piazza Morbegno poi, Irene Stracuzzi utilizza l'edicola che si trova sulla parte in prato della rotonda spartitraffico come la casa ideale di Misinformation Times. Irene prova con il suo lavoro a dare una risposta a urgenti domande: in quest'epoca di fake news, possiamo ancora credere a ciò che leggiamo? E quale ruolo gioca il graphic design nell'aggiungere peso a notizie infondate o inconsistenti?

Misinformation Times contiene fatti reali a proposito delle fake news – racconta – le informazioni false sono presentate in maniera attraente proprio per far concentrare il lettore ancora di più sulla verità o meno di quello che capta. Parallelamente questa edicola diventa anche il pop-up shop dei bellissimi cataloghi che la Design Academy di Eindhoven ha prodotto negli ultimi anni.

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Infine, le vetrine della ferramenta in piazza Morbegno 5 ospitano la raccolta Ratio di Johan Viladrich, una dichiarazione di intenti nei confronti del mondo del design industriale e in contrapposizione all'invasione milanese degli ultimi trend nel settore dell'arredo a cui si assiste questa settimana.

L'approcio del designer guarda agli archetipi del product design e dell'artigianato e dà forma a una serie di panche, tavoli e mensole che usano un linguaggio tradotto in elementi di base che potrebbero essere realizzati in qualsiasi contesto industriale. Spogliata di qualsiasi frivolezza estetica, Ratio usa una gamma di materiali per esplorare un metodo che fa da fondamento a un sistema di arredi flessibile ed adattabile.