In occasione della Milano Design Week, Elle Decor Italia inaugura la mostra-installazione Onlife. Millennials at Homeche offre una fotografia attuale delle generazioni che vanno dai 20 ai 40 anni attraverso quattro cluster. L’exhibition design è firmato da Frederik De Wachter e Alberto Artesani che, dopo anni di esperienza in studi internazionali di Barcellona, Milano e Anversa, hanno fondato nel 2005 DWA Design Studio, una realtà multidisciplinare attenta al mondo che cambia”, come tengono a sottolineare.

Come siete riusciti a tradurre nelle 3D i risultati della complessa inchiesta condotta da Future Concept Lab sui comportamenti generazionali dei millenial da cui è partita l'idea della mostra?

Non la definirei un’inchiesta complessa perché – anche a chi non è un attento osservatore – è una realtà che viene data in pasto in tutti i modi e con tutti i mezzi a disposizione, quindi nota nei dettagli e facilmente distinguibile. Si pensi, ad esempio, all’incredibile quantità di hashtag che popolano la rete, e che caratterizzano i millennial.

Se vogliamo spostarci sul piano della complessità, ed è ciò che in fin dei conti ha reso affascinante il progetto, e che ci ha permesso di svilupparlo, è stato impegnativo cercare e trovare un filo conduttore tra le quattro generazioni prese in esame all’interno della dimensione living. Ci sono delle meccaniche evolutive apparentemente slegate tra loro, ma che abbiamo poi riscontrato celare la presenza di due costanti fisse: la casa e il mondo, entrambi intesi in senso sia strettamente fisico, sia in maniera più ampia come affetti, ideali, professione. Tenendo quindi presente la diversa valenza di queste due costanti attraverso i quattro cluster abbiamo dato vita ai quattro ambienti Onlife.

Come avete messo in relazione l’abitare delle giovani generazioni con lo spazio d’impronta neoclassica di Palazzo Bovara?

Tradurre l’identità molto forte di Palazzo Bovara, con gli spazi così caratterizzati sia per stile, sia per disposizione della pianta, è il cuore dello sviluppo del progetto. È stato affascinante e laborioso pensare alla nostra narrazione adattandola a quel contesto. Abbiamo dapprima ritenuto necessario isolarci dall’ambiente per concentrarci sul racconto; successivamente c’è stata la fase di trasposizione.

La Galleria d’introduzione, dove inizia il percorso, è slegata e autonoma rispetto agli spazi a disposizione. Proietta il visitatore in una dimensione diversa, scevra dall'ambiente circostante – con le pareti in alluminio satinato e specchiante che dilatano lo spazio –, e lo aiuta a prendere contatto con gli abitanti della casa, i millennial, attraverso i grandi monitor che dialogano con lui.

Quando ci siamo addentrati nello specifico di ciascun cluster abbiamo invece giocato con i saloni tardosettecenteschi del palazzo, facendoli diventare punto di forza dell’argomento trattato in ciascun’area, dove l’allestimento svela alcune parti storiche delle stanze: un lampadario in cristallo, un grande camino.

Nella sezione dedicata alla generazione dei 35-40enni abbiamo organizzato alcuni set fotografici che ricreano paradigmi abitativi, per inserirli volutamente in una dimensione quasi distopica, sfalsando il tempo e lo spazio, provocando una sensazione che non permette fino in fondo di capire dove cominci, né dove finisca l’artificio: è il set la realtà o la realtà è un set?

Il percorso si snoda attraverso quattro cluster molto diversi, ma con confini non netti. C’è un minimo comune denominatore espositivo che rende fluida la narrazione?

Certo, e, come dicevo prima, è stato proprio il comune denominatore ad aiutarci nello sviluppo. I confini della nostra narrazione per racconti, se vogliamo chiamarla così, non sono netti, è vero, ma tutto sommato nemmeno troppo indistinti. Ciò che li accomuna, e cioè la casa e il mondo, hanno ruoli diversi a seconda di come li si vive: per i giovani dai 20 ai 25 anni il mondo è la loro casa; per i giovani dai 35 ai 40 la casa è il loro mondo.

La tecnologia ha cambiato il modo di abitare?

Sì, decisamente sì. Ma questo da sempre, non solo con l’avvento di Internet of Things, per dirne una. Forse negli ultimi decenni è aumentata oltre le aspettative la velocità evolutiva della tecnologia strettamente intesa, ma il modo di abitare e – se si vuole – la socialità al suo interno sono sempre stati condizionati dalle invenzioni tecnologiche. Negli anni Cinquanta l’apparecchio televisivo era un mobiletto con le ante, e lo possedeva una casa su dieci, e forse più. Il fatto di aggregarsi in tanti davanti a quell’oggetto creava dinamiche umane adesso impensabili, ma che comunque sono mutate nel tempo, attraverso le epoche. Questo è solo un esempio, ma se ne potrebbero fare davvero di diversi.

Come avete organizzato il lavoro con AKQA che firma le esperienze digitali immersive della mostra?

La collaborazione con AKQA è partita con un grande vantaggio: era la prima volta insieme. Se per molti questo può complicare lo sviluppo di un progetto per noi è stato invece un punto di forza. Avendo storie professionali diverse, è stato chiaro fin da subito che fosse di fondamentale importanza scambiare e condividere le reciproche idee, assorbirle e restituirle. E proprio grazie a queste diverse visioni, a un approccio differerente, che ci siamo stimolati a vicenda, confrontati e siamo riusciti infine a trovare un terreno comune.

Qual è il vostro spazio preferito?

Mi verrebbe da dire tutti, perché – è inutile nasconderlo – ogni spazio contiene una parte di noi stessi. Il nostro lavoro ci costringe ad avere uno sguardo costantemente teso verso generazioni e identità differenti, ed è stato stimolante poterne cogliere l’essenza, o quanto meno cercare di farlo. Guardare a una giovane generazione lontana dalla nostra è stato un po’ come rivivere certi anni, con tutte le differenze del caso. Sarebbe divertente poter passare sempre da un’età all’altra per prenderne l’energia e coglierne le parti positive, e trasportarle da qua a là, e viceversa. In fondo il progetto è stato anche questo: la prova per davvero di una messa in scena che ci aiuta a stare al passo con i cambiamenti.

www.dw-a.it

Onlife. Millennials at Home

Palazzo Bovara,

corso Venezia 51, Milano, dal 16 al 29 aprile 2018.

Orario: 10.00-20.00 tutti i giorni; il 19/4, 10.00-17.00.

Ingresso gratuito.

Servizio bar in giardino (prima colazione, pranzo e aperitivo), ristorante al primo piano.

PROGETTO A CURA DI ELLE DECOR ITALIA

Insight Research: Future Concept Lab — Exhibition Design: DWA Design Studio — Interaction Design: AKQA — Landscape Design: Marco Bay — Coordinamento Exhibition Design: Marina Cinciripini — Animazione Wallpaper: Gio Pastori — Styling: Ilaria Baciocchi Studio, Tamara Bianchini, Murielle Bortolotto, contributor Serena Bosone

In collaborazione con: Tiffany&Co. — Main Partner: Google, — Porcelain & Ceramic Surfaces: Florim e CEDIT Ceramiche Italia — Special Outdoor Partner: Baxter — Outdoor Living Space: Corradi — Real Estate Partner: Tirelli & Partners — Fragrance Design: Editions de Parfums Frédéric Malle — Official Men’s Grooming: Depot -The Male Tools & Co — Official Watch: D1 Milano — Official e-bike: Moto Morini — Technology Partner: HP — Audio-visual Partner: Bang&Olufsen — Architectural Lighting Partner: Panzeri — Friendly Protection Partner: Vape — Partner: Agape, Agape Casa, Alessi, Alpi, Amini, Arpa Industriale, Arper, B&B Italia, Boffi, Bulthaup Italia, cc-tapis,Coincasa, De Padova, Dedar, Driade, Fenix, FontanaArte, Janus et Cie, Kartell, Lapalma, Lema, Luceplan, Poliform, Tacchini, Technogym, Unical, Zucchetti Kos — Educational Partner: Istituto Marangoni — Trade Fair Partner: Tendence — Media Partner: Archiproducts — Partner Tecnici: Bellavite Nonsolocarta, Davide Groppi, Galimberti Legno e Bioedilizia, Listone Giordano, Radici Contract, Sikkens, Silent Gliss — Special Thanks: Cappellini Giardinieri, Cita, Consociazione Italiana Tappezzieri Arredatori — Restaurant & Bar: Caffè Scala, Longino & Cardenal Cibi Rari e Preziosi — Official Sparkling Wine: Cantine Ferrari

In apertura: FREDERIK DE WACHTER E ALBERTO ARTESANI, FONDATORI DI DWA DESIGN STUDIO