In occasione del suo 150 compleanno il MOMA dedica una grande retrospettiva a Frank Lloyd Wright (nato l’8 giugno 1867 nel Wisconsin e morto nel 1959 dopo una vita segnata da trionfi architettonici ma anche divorzi, scandali), l'uomo che molti considerano il più grande architetto americano, il primo a poter essere considerato una vera e propria “archistar”.

Il titolo della mostra “Frank Lloyd Wright at 150: Unpacking the Archive” si riferisce al trasferimento degli archivi della Frank Lloyd Wright Foundation in Arizona al MoMA e alla biblioteca di architettura Avery della Columbia University, avvenuto nel 2012, così come allo sforzo di “spacchettare” i contenuti fisici e il significato di questo tesoro: circa 55.000 disegni, 125.000 fotografie, 285 film, 300.000 fogli di corrispondenza e almeno 2.700 manoscritti.

La parola chiave è “film”: Wright deve la sua fama di prima archistar grazie al suo stretto rapporto con i media e con la Tv in particolare. Tra le sue tante apparizioni televisive quella a What’s my Line?, con versione integrale disponibile su YouTube e quella del 1957 quando, all’età di 90 anni, fu invitato da Mike Wallace a raccontare il suo progetto per il Guggenheim (in costruzione in quel momento, verrà terminato 6 mesi dopo la sua morte). La conversazione fu così provocatoria e convincente, così rivelatoria sulle idee iconoclaste di Wright in fatto di architettura, ma anche di architettura e società, che venne invitato per una seconda puntata.

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Ovviamente largo spazio è dedicato al Guggenheim di New York, con tutti i colori che Wright aveva contemplato per dipingere la sua struttura spiraliforme, tra cui il rosso, l’arancio e il rosa, oltre a un particolare marmo nero. Stratagemmi per rendere più pop l’edificio, circondato dallo skyline grigio di una città che odiava. Lo scrive Michael Kimmelman sul New York Times, riportando l’intervista di Mike Wallace: “Non è pianificato, è tutto una corsa all’affitto, ed è un grande monumento al potere del denaro e all'avidità”.

Le 12 sezioni della mostra, strutturate come un’antologia in cui ciascun capitolo indaga su un oggetto chiave o un insieme di oggetti provenienti dagli archivi della Frank Lloyd Wright Foundation, interpretati, contestualizzati e giustapposti con altre opere, cerca di stimolare l’indagine critica e il dibattito sul lavoro di questo straordinario architetto, raccontandolo agli esperti ma anche al pubblico generalista attraverso una dozzina di spettacoli interattivi.

Quella che questa mostra restituisce è l’immagine di un uomo estremamente contemporaneo, un uomo che studiò l’arte e gli artefatti dei nativi americani per lo schema decorativo del Nakoma Country Club, un campo da golf in Winsconsin, provando a definire un’idea di “americanità”.

La mostra curata da Barry Bergdoll vuole raccontarci un Wright internazionale, attraverso i suoi lunghi viaggi e i suoi rapporti con architetti e clienti in tutto il mondo: “Wright è intrigante perché è come tutti noi - è pieno di contraddizioni interne”, ha spiegato.

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Carlotta Marelli

Managing Editor di elledecor.it, ho trasformato la mia laurea in architettura al Politecnico di Milano in una lente per guardare (e raccontare) il mondo. Con una particolare attenzione per chi progetta gli spazi e gli oggetti che diamo per scontati: dalle porzioni di città meno note alle scenografie di un film, fino ai pezzi di design che fanno da sfondo ai post che scorrono nei nostri feed Instagram.  Su Instagram posto ricordi come @carlotta_marelli e spazi esageratamente decorati come @bye_minimalism.