A casa di Ludovica e Roberto Palomba
La ristrutturazione di un antico frantoio firmata dalla coppia di designer e architetti
In un piccolo paese dove la vita è dolce, Roberto Palomba e Ludovica Serafini, coppia di designer e architetti più celebre del made in Italy, ha scelto un antico frantoio per trasformarlo in spazio di decompressione, ma anche di divertita socialità.
Dalla strada non si nota granché ma già l’ingresso, una luminosa stanza a cielo aperto con grandi archi, lascia presagire qualcosa di speciale. Che appare scendendo pochi gradini: un susseguirsi di spazi enormi, dall’altezza solenne di una cattedrale alleggerita dall’eleganza dei soffitti voltati del ’600. “Era un frantoio”, spiega Ludovica, “con i soffitti di tufo anneriti dal fuoco, forti dislivelli, tanti ambienti chiusi immersi nel buio.
"Ci siamo innamorati dello spazio immediatamente, il progetto è nato in pochi minuti, l’intera ristrutturazione è durata 5 mesi, con soltanto 5 visite al cantiere grazie al team eccezionale di artigiani locali. Rendere domestico uno spazio produttivo è un percorso affascinante, misterioso, del frantoio percepivo il genius loci quasi sulla mia pelle. L’architettura per me è la risposta all’ispirazione che sento quando entro in un luogo, io vedo non quello che è al momento, ma quello che è in realtà. Risolto il problema della luce, bucando il soffitto della stanza di ingresso esposta a nord e portato in casa il Salento attraverso le terrazze su più livelli, abbiamo pensato all’arredo.
"Che è fatto di pochi pezzi, empatici, che stanno bene insieme ma ognuno con la sua aria di pertinenza. Materiali naturali, il bianco clean della calce e la texture forte della pietra leccese come unica decorazione, esprimono la mia idea di semplicità che contiene in sé il concetto di onestà. Il desiderio era di entrare in un luogo di decompressione, nel vecchio frantoio mi fermo, sono io, il mondo resta fuori”.
Roberto Palomba: “È la casa dove tutto e il suo contrario si incontrano, come è la nostra vita, come sono i nostri amici. Con 12 posti letto, solo perché ho fermato Ludovica! Ci muoviamo come una tribù, coesa, che condivide tantissimo, nella vita quotidiana in città, come nelle vacanze. Lo spazio è nato per la massima interazione ma anche per rispettare la privacy, è divertente vedere come ognuno si appropria di una parte, un divano, una seduta in terrazza, un’ombra, uno spicchio di sole... e al tramonto tutti davanti a un aperitivo.
"Il senso architettonico di questa casa è che lo spazio coincide con la vita delle persone che lo abitano. Tutto questo non nasce solo dal recupero di un luogo già di suo affascinante. Ma è frutto di un progetto, certo rispettoso del genius loci, ma plasmato come una seconda natura, una seconda vita. Siamo riusciti a lavorare al millimetro tanto che nessuno si accorge di quanto in realtà lo spazio sia stato rimaneggiato. Dove c’era buio, ora c’è luce.
"Nel vecchio frantoio si comprende la nostra visione dell’interior design, le nostre forme, i colori, i materiali e quel filo rosso che li unisce. È questa visione globale che mi affascina nel progetto di una casa: cambiando ogni singolo elemento lo scenario muta radicalmente, dalla scelta dei materiali, dell’architettura e fino all’ultimo dei complementi. Sono molto fiero di Ludovica che ha seguito quasi completamente il progetto, a dimostrare che le donne sono capaci di gestire strutture e calce. Non solo il colore degli asciugamani (che per altro ho scelto io)”.
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