Ennio Capasa (Lecce, 1960) riesce a far convivere il cucito a mano con i tagli al laser, i tessuti tecnici e le fibre naturali. L’obiettivo è esprimere la fisicità del corpo, semplificando le forme, convinto che la moda debba essere seduttiva, ma anche superficiale e profonda allo stesso tempo. Mixando cultura mediterranea classica e modernismo mitteleuropeo con la sensibilità giapponese assorbita nell’atelier di Yohji Yamamoto, maestro e guida spirituale degli anni formativi. Una miscela elettrica che lo porta a collaborare con artisti internazionali della musica, dell’arte e del cinema, imprimendo uno spirito eclettico al suo brand Costume National (marchio fondato con il fratello Carlo nel 1986). Nel design, ricerca estetica e metodo tendono a coincidere.

Accade anche nel progetto di moda?

Se pensiamo ad alcune relazioni, come quelle tra forma, materiali e significato, c’è una coincidenza. Anche nel nostro lavoro, infatti, si cerca la giusta combinazione fra queste componenti. Ma la differenza di fondo è nella vita di ciò che viene creato: un oggetto di design, per esempio, è come una tartaruga di 150 anni, mentre un abito è una libellula che vive appena per una stagione. Questo cambia prospettive, percezioni e sensibilità. Certo è che un buon progettista di oggetti e ambienti e un buon designer di moda devono comunque avere un obiettivo comune a lungo termine: lo stile e la riconoscibilità, a prescindere dalle interpretazioni stagionali.

La sperimentazione al servizio della creatività: come affronti questo tema trasversale della progettazione?

A distanza di anni, la necessità di esplorare l’inesplorato è la parte più emozionante del mio lavoro. Ogni volta mi sembra di avventurarmi in un territorio nuovo, dove scoprire qualcosa. Questo implica trovare qualcuno che possa seguirti nella scommessa, anche se le tecnologie non sono ancora immediatamente disponibili. Il che comporta la necessità di sperimentazione: bisogna adattare, ripensare stilemi e processi, ed è coinvolgente, entusiasmante. Perché sai che stai spingendo un po’ più in là i paradigmi delle storie progettuali, e cambiando il profilo del pianeta, le forme delle persone. Ovviamente è fondamentale che la sperimentazione non resti teorica: e questo è possibile quando assume la capacità di far vivere le emozioni più semplici e immediate.

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Tornando ad aspetti più concreti e in particolare agli accessori, che per te hanno un ruolo importante, sono assimilabili a oggetti di design che hanno vita propria indipendentemente da una collezione?

In un certo senso sì. A differenza di un vestito, che vive nel movimento del corpo, scarpe e borse si rivelano oggetti autonomi, con contenuti di trend ma anche con una forza che va oltre il tempo… Quando si progetta nella moda si cerca un’estetica ideale, espressione del proprio linguaggio creativo, ma anche di ciò che si avverte nel periodo storico in cui viviamo, dei bisogni e delle aspirazioni delle persone... Negli anni ’90, quando ho iniziato, il mio obiettivo e quello della mia generazione era rompere la barriera del diktat della moda e personalizzarla. Poi in anni più recenti la disponibilità delle informazioni e la grande offerta di prodotto hanno permesso di innalzare mediamente la sensibilità delle persone, che oggi hanno gli strumenti per interpretare il proprio corpo. La moda ha reso il consumatore stylist di se stesso. Si tratta di un traguardo meraviglioso perché quando cresce la percezione estetica nell’individuo, cresce anche la qualità di vita in generale. La creatività è sopita in ognuno di noi, e lo dimostra il grande progresso che si sta registrando in ambiti creativi. Se hai la sensibilità per rappresentarti nella maniera migliore e più consona a quello che sei, poni maggiore attenzione e rispetto a quello che succede intorno a te.

www.costumenational.com

In apertura: L’ARCHITETTURA, L’ARTE, IL DESIGN APPLICATO ALLA TECNOLOGIA E IL MONDO DELLA MUSICA. IL LINGUAGGIO DI ENNIO CAPASA HA ISPIRAZIONI MOLTEPLICI E SI SVILUPPA IN PIÙ CAMPI.